Buon compleanno, nonno Giovanni
Non lo so nemmeno quanti anni avresti fatto oggi, ma sarebbe stato un bel compleanno. Ti avrei portato al mare, forse tu mi avresti portato in campagna. Ti avrei guardato sistemare i secchi, le forbici da potatura, spostare qualche damigiana in cantina. Avrei pensato che da piccolo non avevo la forza di alzare quelle tine piene di uva durante la vendemmia, ma da grande sicuramente si. Adesso sono grande ed io quella forza non ce l’ho ancora. Non so dove trovarla. Non so dove cercarla.
Mi avresti detto di tagliarmi i capelli, anzi mi avresti portato al salone e me li avresti tagliati tu. Corti, non più biondi. Avrei visto quelle mani enormi ancora su di me, toccarmi, accarezzarmi. Avrei sentito il tuo odore che potrei riconoscere in mezzo a milioni di persone. A pranzo ti avrei cucinato la pasta con le cozze e ci saremmo bevuti un bicchiere di vino rosso freddo, come tutte le domeniche che non sono più domeniche da quando non mi siedo accanto a te.
Vorrei ancora somigliarti, ma non ci riesco quasi mai: è il destino dei figli, quello di non essere mai come i padri. Meno talento, meno umiltà, meno voglia, meno sacrifici, meno di tutto. Figli di un tempo che non ci lascia in mano niente di vero, mentre proviamo a vivere delle vite che non sono le nostre.
Ti avrei fatto passare un bel compleanno, avresti provato a farmi “passare all’Inter”, Moratti era un signore, ed io ti avrei risposto che sono rossonero, e questa è l’unica cosa che in questa vita mia non avrei fatto per te.
Vorrei poter far tornare indietro tutto il mondo. Vorrei fermare questa giostra che gira e in si ferma mai. Vorrei poter avere un po’ di tempo per vederti venirmi incontro, con quel sorriso che è sempre stato solo per me. Ti racconterei di quanta fatica faccio per restare a galla, di quanto male ho nel cuore per avere la vigliacca certezza di dare sempre più di quello che ricevo. Mi avresti stretto la guancia con l’indice e il medio, appena prima di dirmi di essere una brava persona. Sempre, anche quando mi sembra di affogare.
Non posso raccontare a nessuno quanto mi manchi, perché nessuno capirebbe. Nessuno sa quello che sappiamo noi. Ti penso sempre, anche se non lo sai. O forse lo sai, e sai anche che qualche settimana fa ho riparato il tuo orologio; si era rotta la molla, adesso è come nuovo. Ci ho messo anche un bel cinturino di pelle marrone. E fa quel ticchettio dei secondi che passano, quello stesso rumore che mi cullava tanti anni fa. Così mi sembra di tornare indietro, ogni secondo è un secondo in meno verso di te. Sono sul tuo letto, ti abbraccio forte. Ho sonno, ti voglio bene.